Domenica 26 dicembre – Festa della S. Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
La domenica che segue la solennità del Natale, ogni anno celebriamo la festa della Santa Famiglia di Nazaret. Il brano del Vangelo, che oggi viene proposto alla nostra riflessione, è quello che riguarda la perdita e il ritrovamento di Gesù tra i dottori del Tempio.
Ci troviamo innanzi ad una famiglia che ha fatto sempre ciò che Dio ha proposto, eppure è interessante un’annotazione dell’evangelista Luca riferita proprio a Maria e Giuseppe. L’annotazione è la seguente: “Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro”. Maria e Giuseppe sapevano bene che quel loro bambino era un bambino speciale e ciò nonostante non riuscirono a capire tutto. Questa considerazione ce li fa sentire più vicini e ci fa capire anche che nella vita non sempre si riesce a capire tutto e a capirlo subito.
Di Gesù, invece, il Vangelo ci dice che tornò a Nazaret e stava loro “sottomesso”. Quindi, da una parte Gesù lascia i maestri della Legge che erano nel Tempio e segue Giuseppe e Maria, che saranno i suoi veri maestri di vita. A Nazaret Gesù impara ad essere uomo, guardando come vivono i suoi genitori.
Facciamo in modo di non dimenticare mai che la famiglia è per tutti il primo luogo dove si impara a vivere. Gli anni trascorsi in famiglia sono gli anni decisivi per il resto della vita. E l’aria che si respira in famiglia sarà quell’aria che, nel bene o nel male, respireremo e faremo respirare agli altri. Come nella famiglia di Gesù, anche nelle famiglie di ciascuno, sono necessari il tempo dell’attesa, del silenzio, del rispetto vicendevole per crescere secondo il progetto di Dio. La famiglia è il primo libro della Vita, è la prima scuola del Vangelo. È il primo luogo dove si impara a vivere la fede e capire quanto essa sia decisiva nelle scelte e negli atteggiamenti di ogni momento del nostro cammino. Ogni famiglia è la prima palestra dove si apprendono gli atteggiamenti del dono, della responsabilità e del servizio.
È in famiglia che si impara anche l’arte della gratuità, non perché qualcuno ci insegni la teoria, ma perché ne facciamo esperienza diretta e concreta. Ed è in famiglia che ci si sente accolti e si impara ad accogliere gli altri.
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