Giovedì 13 gennaio
Un lebbroso va da Gesù. Se considerassimo le leggi del tempo, la cosa non era affatto normale. «Immondo, immondo!», doveva gridare l’uomo malato di lebbra, mentre se ne stava nelle periferie del centro abitato e doveva avvertire chi eventualmente era nei paraggi. Il brano evangelico ci presenta invece un caso contrario: il lebbroso non si discosta e non fa nulla per allontanare qualcuno, al contrario si avvicina a Gesù e grida la guarigione da parte sua, perché si senta reintegrato nella società e nella vita di fede. Infatti i lebbrosi erano ritenuti dei maledetti da Dio, per cui dovevano stare in periferia, essere esclusi, emarginati anche dalla vita sociale e spirituale del tempo.
Ma Gesù agisce diversamente: non respinge ma accoglie; non allontana ma tende la mano; non si mostra distaccato ma si esprime con misericordia; non divide ma unisce; non tace ma parla. Gesù reintegra, accoglie, ama. Ciascuno di noi ha una qualche forma di lebbra: è la lebbra del peccato, dell’ipocrisia, dell’egoismo, della superbia, dell’arroganza, della prepotenza, dell’indifferenza.
Siamo chiamati a non autoescluderci dal prossimo e da Dio, ma ad invocare la tenerezza e la misericordia di Gesù per vivere in pienezza la nostra esistenza.
Ma siamo anche chiamati a non escludere qualcuno che abbia potuto sbagliare, che sia incorso in qualche peccato particolare; siamo chiamati a non giudicare ma comprendere; a non condannare ma reintegrare; a non ignorare ma tendere la mano; a non escludere ma accogliere; a non tacere ma dire una buona parola di riconciliazione e di tenerezza.