Stiamo vivendo l’ultimo venerdì di Quaresima e siamo in prospettiva di entrare nei giorni della grande Settimana Santa. Tutti i venerdì di Quaresima, anzi, potremmo dire tutti i venerdì dell’anno, rimandano a quel Venerdì, raccontano di quel mistero di dolore e di sofferenza che Cristo ha voluto affrontare in pienezza. Quel mistero di dolore e di sofferenza Cristo lo ha affrontato liberamente e con grande consapevolezza, perché quello stesso mistero lo vive ciascuno di noi, lo vive ogni uomo e ogni donna che si trovano coinvolti dal mistero del male e dal dolore, lo vive ciascuno di noi quando è chiamato a confrontarsi con la forza del male e della cattiveria.
Lo sperimentiamo nella nostra vita, nella nostra storia, nella storia delle persone a noi care quando abbiamo la percezione che la forza del male sembra prevalere su quella del bene. Lo sperimentiamo in diverse occasioni: una malattia, un dolore fisico, quando siamo colpiti da una spiacevole notizia che ci fa pensare poi a cose molte brutte. In queste situazioni l’unica nostra consolazione è che questo tipo di sofferenza è nelle mani di Dio.
Ma esiste un altro tipo di sofferenza – le letture di quest’oggi ci fanno soffermare proprio su questo tema – ed è la sofferenza che scaturisce dalla libertà e dalla responsabilità di noi uomini. C’è una sofferenza voluta, deliberata, da parte di alcuni nei confronti di altri. Meditando su queste parole, ciascuno di noi sa molto bene ciò che questo significa. Anche le vicende dolorose di questi giorni ce lo confermano: quando gli uomini pensano di detenere un potere forte, si pensa anche che in qualche modo si può prevalere sugli altri.
La storia di questo mondo può essere raccontata in tutti modi, ma chi la giudicherà, chi la peserà, chi giudicherà ogni singola persona è Dio… E solo Dio… Diceva San Francesco d’Assisi: “Quello che vale un uomo innanzi a Dio, quello vale, e niente più”. Possiamo ingannare il mondo intero, possiamo apparire in tanti modi, ma se non siamo quella verità che vogliamo mostrare, Dio la coglie! Fin quando il Signore ci mantiene in vita, siamo chiamati a rimanere svegli e a chiedere al Signore il dono di un cuore nuovo.
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